Sono ben sei milioni i pazienti stimati nel mondo, ma neanche il 30% sa di soffrire di una delle oltre 250 forme di immunodeficienze primitive (IP), gruppo di patologie genetiche rare croniche causate dalla mancanza o dall’alterazione nel funzionamento di parte del sistema immunitario. Questo a causa di una sintomatologia subdola e aspecifica che fa sì che la diagnosi – specialmente per gli adulti – arrivi anche una o due decadi dopo l’insorgenza.

 

“È un dato incredibile – afferma Alessandro Segato, Presidente AIP Onlus – che dimostra quanto sia fondamentale parlare delle immunodeficienze primitive”.

 

In occasione della Settimana mondiale delle immunodeficienze primitive, che si celebra dal 22 al 29 aprile, AIP Onlus(Associazione Immunodeficienze Primitive) lancia la campagna di sensibilizzazione #LeggeriSiDiventa, con l’obiettivo di far capire l’importanza della diagnosi precoce per tornare a vivere serenamente la quotidianità grazie una terapia adeguata e sostenibile.

Ancora una volta al fianco di AIP Onlus, in veste di testimonial, Paolo Ruffini, protagonista di uno spot dall’ambientazione onirica che, con un testo preso in prestito da Italo Calvino e con espedienti visuali metaforici, ribadisce la possibilità di liberarsi dal peso della malattia e tornare a vivere una vita normale.

“Vivere con una immunodeficienza primitiva – spiega il professor Carlo Agostini, immunologo dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Padova – ha spesso un impatto gravoso sulla qualità di vita del paziente. Le continue infezioni acute e croniche, spesso confuse con altre malattie comuni e fronteggiate a fatica da un sistema immunitario compromesso, possono provocare compromissioni a volte irreversibili a carico degli organi. Ma vivere bene con le IP si può e si deve, sfruttando al massimo le possibilità diagnostiche e le terapie che la medicina moderna offre.”

 

Dopo il successo della campagna 2016, principalmente dedicata ai pazienti, con la campagna #LeggeriSiDiventa AIP Onlus ha voluto quest’anno rivolgersi all’intera popolazione e coinvolgerla attivamente nella diffusione dei messag

Otto o più infezioni ricorrenti nell’arco di un anno; terapia antibiotica inefficace; infezioni dell’apparato respiratorio, afte o infezioni ricorrenti; scarso aumento di peso nei bambini. Sono questi alcuni dei principali sintomi che possono portare alla diagnosi di immunodeficienza primitiva, un gruppo di malattie rare, congenite e croniche causate da alterazioni del sistema immunitario che comportano una aumentata suscettibilità alle infezioni.

 

L’esatta incidenza globale di questo gruppo di malattie rare non è nota perché molte sono tuttora non riconosciute, e questo rende difficile la raccolta sistematica delle informazioni.

 

È un dato di fatto tuttavia che nel corso degli ultimi 20 anni, il numero delle tipologie di immunodeficienze primitive individuate nel mondo sia cresciuto considerabilmente, ciò grazie all’avvento della genetica che ha consentito di risalire alle cause di alcune manifestazioni patologiche, e anche grazie allo studio di nuove forme di malattia comparse nel mondo.

 

Mentre in passato le deficienze immunitarie primitive erano ritenute un gruppo di malattie estremamente rare che interessavano 1 individuo su 100.000, oggi si sa che in realtà sono abbastanza più frequenti e possono verificarsi a qualsiasi età, anche negli adulti.  Quasi ogni mese un nuovo difetto genetico riconducibile ad un nuovo deficit immunitario viene scoperto, ma poter comprendere a fondo l’interazione tra i vari “attori” del sistema immunitario, non è ancora un obiettivo raggiunto.

 

Di alcune  immunodeficienze primitive è nota e accreditata la frequenza. Ad esempio il deficit selettivo di IgA, la più frequente immunodeficienza primitiva, colpisce circa un individuo su 700. Più controversa l’incidenza delle immunodeficienze combinate gravi, stimate tra 1:10.000 e 1:100.000 sui nuovi nati.

 

 

LE TERAPIE

 

Le forme di immunodeficienza che si associano ad una carenza di anticorpi trovano come trattamento di elezione un apporto periodico di immunolgobuline noto anche come “terapia sostitutiva”.

Le immunoglobuline possono essere somministrate sia per via endovenosa che per via sottocutanea.

 

Il trattamento endovenoso (IVIG) permette la somministrazione di ampi volumi di immunoglobuline (che in un paziente medio oscillano tra 400 e 600ml) e considerata l’emivita fisiologica delle immunoglobuline stesse con una frequenza d’infusione di 3 o 4 settimane. Questa tipologia di terapia richiede però un buon accesso venoso ed inoltre può causare effetti collaterali sistemici a volte gravi (nausea, cefalea, affaticamento ecc.). La terapia con IVIG necessita di una supervisione medico-infermieristica, pertanto richiede che il paziente si rechi presso la struttura ospedaliera per ogni ciclo di cura

 

Il trattamento per via sottocutanea (SCIG) ha semplificato molto la terapia di somministrazione con immunoglobuline in quanto, a differenza delle IVIG, non richiede accesso venoso, permette la somministrazione o autosomministrazione domiciliare, è praticamente priva di effetti collaterali sistemici, garantisce maggior libertà e flessibilità di trattamento per il paziente. Tuttavia, dal momento che i quantitativi che possono essere infusi per via sottocutanea sono notevolmente inferiori (massimo 20ml) rispetto a quelli per via endovenosa, questa modalità di trattamento richiede una frequenza settimanale attraverso più siti di iniezione (4/6).

 

Se da un lato la forza della terapia endovenosa è la frequenza mensile e un unico punto di infusione, dall’altro quella sottocutanea vanta la possibilità per i pazienti di curarsi a casa.

 

Da un anno è disponibile anche in Italia la terapia con immunoglobuline sottocute facilitata: tramite l’utilizzo concomitante di un enzima, la ialunoridasi, in grado di diffondere rapidamente le immunoglobuline nel tessuto sottocutaneo. Con questo preparato è possibile rarefare il ritmo delle infusioni che possono essere somministrate non più settimanalmente, ma ogni 3 settimane.

 

DIECI CAMPANELLI D’ALLARME
Alcune delle condizioni che possono portare a sospettare un’immunodeficienza primitiva in un bambino. Alcune delle condizioni che possono portare a sospettare un’immunodeficienza primitiva in un adulto.
 

Consultate il vostro medico se si verifica una o più di queste condizioni

 

1.      Quattro o più otiti in un anno

2.      Due o più gravi sinusiti in un anno

3.      Più di due mesi di terapia antibiotica con scarso effetto

4.      Più di due polmoniti in un anno

5.      Scarso accrescimento staturoponderale

6.      Ascessi ricorrenti della cute e di organi interni

7.      Mughetto persistente o altre candidosi dopo l’età di un anno

8.      Necessità di terapia antibiotica per via endovenosa per ottenere la guarigione

9.      Due o più infezioni agli organi interni

10.   Storia familiare di immunodeficienze primitive

 

1.    Più di 2 otiti in un anno

2.    Più di 2 sinusiti in un anno, in paziente non allergico

3.    Almeno 1 polmonite l’anno per più di 1 anno

4.    Diarrea cronica con perdita di peso

5.    Infezioni virali ricorrenti (raffreddore, herpes, verruche, condilomi)

6.    Frequente necessità di antibiotici per via endovenosa

7.    Ascessi ricorrenti della cute e degli organi interni

8.    Candidasi orale o cutanea persistente

9.    Infezioni da Micobatteri atipici

10.  Familiarità per immunodeficienza primitiva

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